SO SEMPRE COSA HAI FATTO
di FABIO VOLINO

 

Treno 2942 per Miami.

Ci sono pochi passeggeri su questo treno, saranno poco meno di trenta. Ma per qualche strano motivo alcuni uomini armati nutrono per loro un qualche interesse. Non viene offerta alcuna resistenza da parte dei passeggeri, qualunque tentativo di ribellione muore sul nascere quando si notano gli M-16 in mano agli assaltatori. Non portano passamontagna per nascondere il volto e dall’aspetto non sembrano asiatici. Ed il loro inglese è perfetto.
“Sono americani” giunge alla conclusione Hector Ayala “Ma cosa hanno in mente?”.
Ormai tutte le cabine stanno per essere svuotate. Senza farsi notare l’uomo si reca nello scompartimento opposto, ma anche questo ha sgradite presenze. Il suo vagone è l’ultimo che deve essere assaltato. Non c’è un istante da perdere. Hector bussa alla porta dell’unica altra occupante dello scompartimento: la donna dalla voce stridula a cui aveva portato le valigie.
“Cosa vuole?” chiede.
Hector si porta un dito al naso chiedendole di fare silenzio e la trascina fuori. Lei prova a dibattersi. “Fermo, brutto…”. L’uomo si ritrova costretto a metterle una mano sul volto.
“Non faccia idiozie. Non voglio farle del male. Ci sono degli uomini armati su questo treno e non credono che loro saranno altrettanto gentili”.
Il volto della donna ora esprime terrore e non certo per via di Hector, il quale rilascia la sua mano. Poco dopo i due si trovano davanti alla porta del bagno e vi entrano. Alcuni secondi dopo si ode distintamente qualcuno aprire con violenza le porte dei vari scompartimenti.
“Lei è un dannato stupido” lo rimprovera la donna “Vedranno le nostre valigie, capiranno che ci siamo nascosti”.
È vero, non ci aveva proprio pensato. Hector nasconde la donna in una delle toilette e le dice di attenderlo. Poco dopo appoggia il suo orecchio alla porta ed ode distintamente delle voci.
“Carl, qui c’è stato qualcuno. Ci sono valigie e vestiti in due stanze”.
“Forse li hanno catturati in altri scompartimenti mentre facevano una passeggiata”.
“Sarà. Io comunque do una occhiata. Tu vai pure a far rapporto al capo”.
Hector si prepara al confronto, sperando di non fare troppo rumore e di attirare l’attenzione di altri uomini armati. Il bagno sarà la prima stanza che verrà esaminata quasi sicuramente. L’uomo si appiattisce contro la parete, di modo che quando verrà aperta la porta il criminale non lo vedrà.
Non deve attendere molto: circa mezzo minuto dopo la porta si apre. Lentamente, come se la scena si stesse svolgendo al rallentatore. Il criminale avanza un passo alla volta e, quando Hector lo ha davanti a sé, lo sgambetta da dietro e lo fa cadere col viso a terra facendogli così perdere la presa sulla sua arma. Il criminale fa appena in tempo ad alzare il capo che Hector gli sferra un violento pugno al volto che lo manda ko.
Va poi a riprendere la donna. “Che paura, ho sentito dei rumori e pensavo che…”.
“Non c’è nulla da temere” la rassicura lui.
I due ispezionano il criminale svenuto: nessun documento, solo un paio di manette da utilizzare forse per calmare i passeggeri più ostili. E che si rivelano molto utili. Hector lo porta in bagno e lo ammanetta ad un tubo, gettando poi la chiave fuori da un finestrino.
“Ha un fazzoletto?” chiede alla donna.
Lei ne estrae uno da una sua tasca e con esso Hector imbavaglia il criminale. Inevitabilmente i suoi compagni ne noteranno l’assenza prima o poi, dunque questa situazione va risolta al più presto.
L’uomo prende l’arma e porta la donna nello scompartimento di un altro vagone. “Ecco” dice allungando l’arma verso di lei “Qui dovrebbe essere al sicuro e può comunque difendersi”.
“Ma…” incespica la donna “Io non ho mai sparato in vita mia”.
“Oh beh, neanch’io se è per questo”.
“Io… io ho paura”.
“Lo so, lo so. Tutti abbiamo paura, è naturale. Come ti chiami?”.
“Io… Peggy Sue. Come la canzone. I miei genitori amavano quella canzone. Di... di chi era? Adesso non ricordo”.
“Il cantante era Buddy Holly. Bene, Peggy Sue. Io sono Hector. Guardami negli occhi ed ascoltami: io tornerò da te. Tornerò, te lo prometto”.
La donna annuisce ed Hector esce, incamminandosi verso le prime carrozze.

Dì la tua sulla vicenda di Hector Ayala, manda un SMS al 48597.
“Impiccatelo quell’assassino bastardo!”.
“Questa storia deve interrogarci su come sia diventata barbara la nostra civiltà”.
“Mark, TVTTTTTB”.
“Io lo conoscevo Hector Ayala. Sembrava una così brava persona con quella sua faccia pulita senza peli”.
“Non credete alla verità che vi viene imposta dai media”.
“Impiccate lui ed anche quegli sporchi mutanti!”.
“Ehi, è il decimo messaggio che vi mando e non ne avete pubblicato nemmeno uno. Basta, io cambio canale”.

Treno 2942 per Miami.

A passi lenti, misurati e silenziosi. Hector Ayala avanza di vagone in vagone, sempre all’erta in caso di pericolo. Mille domande si affollano nella sua mente e non gli danno veramente il tempo di riflettere. Il suo sguardo si abbassa per ammirare l’amuleto fornitogli dal misterioso Mr. Blue. Chissà da dove proviene? Anche questo da K’Un-L’Un? Oppure è solo un trucco che è stato utilizzato contro di lui? Tuttavia un trucco non avrebbe messo facilmente ko Annex, Cardiac e l’Uomo Ragno.
Improvvisamente l’uomo inizia a sentire delle voci ed i suoi passi si fanno ancora più lenti e misurati. Provengono dal vagone successivo. Deve rischiare e dare un’occhiata all’interno. Hector si appiattisce di fianco alla porta, poi dà un rapido sguardo. I criminali gli danno le spalle ed i passeggeri non lo notano, terrorizzati come sono. L’uomo conta circa dodici uomini armati. Troppi per un uomo solo. Però deve esserci qualcun altro: il treno sta continuando ad avanzare, chiaramente c’è qualcuno anche in cabina di comando. Probabilmente colui che guida la baracca. Deve vedere chi è. Ma come?
Hector nota un finestrino. “Roba da film” pensa “Perché no?”. Per sicurezza diventa la Tigre Bianca, decisamente più agile. Apre il finestrino e, come se per lui fosse una cosa naturale, si inerpica fino al tetto del treno, il quale in questo momento non sta andando ad una velocità sostenuta, dunque anche questo lo aiuta. Appoggia mani e piedi, assumendo la posa del predatore da cui trae l’alias ed avanzando con passi accompagnati unicamente dal silenzio. Un silenzio che gli permette di non essere udito quando passa sopra la carrozza dove sono tenuti prigionieri gli altri passeggeri. Un silenzio che gli permette infine di giungere in cima al treno, alla cabina del guidatore. Deve correre un altro rischio ora, dare una nuova occhiata e sperare di non essere visto. Lo fa e rimane scioccato.
“Carajo, è Gideon Mace”.

“Signore, cerchi di essere ragionevole…”.
“Non intendo accettare alcun tipo di condizione” ribatte Gideon Mace, l’uomo con un braccio solo. Sta parlando tramite un telefono interno con un negoziatore della polizia. “Piuttosto saremo noi a dettarle. Voglio che questo treno venga dirottato immediatamente verso Los Angeles: se non lo fate inizierò ad uccidere uno ad uno i passeggeri cominciando dai bambini e dagli anziani”.
“D’accordo, ma…”.
“E non inizi con la solfa di farmi bello agli occhi delle autorità liberando alcuni ostaggi, questo è un treno in corsa. Ugualmente, se vedo anche solo da lontano le luci di un elicottero o di una macchina della polizia, inizierò ad uccidere gli ostaggi. Mi sono spiegato?”.
“Sì, ma lei non faccia mosse avventate”.
“Avventate? Abbiamo un carico di gas nervino qui, basta gettare una provetta fuori da un finestrino ed un’intera città morirà. Non potete evacuarle tutte, dunque datevi da fare. Dirottatemi subito per Los Angeles”.
“Abbiamo già effettuato gli scambi opportuni. Ora…”.
“Bene”. Gideon Mace chiude la comunicazione e si rivolge al conducente ed al capotreno. “Avete sentito, vero? Bene, non fate strani scherzi e forse riuscirete a rivedere le vostre famiglie, se ne avete una. Li lascio a te, Billy, non perderli di vista”.
“Terribile” pensa intanto Hector Ayala “Ma come mai Mace vuole tanto andare a Los Angeles? E quel gas nervino… vuole usarlo davvero?”.
L’eroe pensa inizialmente di penetrare nella cabina. Il criminale di guardia rimarrà sicuramente sorpreso e, dopo averlo messo ko… Già, ma se Mace sentisse? Se avesse una scorta di gas nervino da qualche altra parte per precauzione? Non può rischiare. E la sua mente vaga ad altri ricordi, ricordi tristi. Il lago di sangue che lo accolse quando scoprì che la sua famiglia era stata uccisa. Soprattutto la sua amata sorella Awilda. Uccisa da Gideon Mace. No, non può passarla liscia, è una vita che attende di regolare i conti in sospeso con quel terrorista. E poi… deve occuparsi solamente di quattordici criminali, cosa sarà mai?
Intanto il treno si allontana definitivamente dalla Florida ed entra in West Virginia.

“Analizziamo il crimine che ha sconvolto l’intera nazione grazie al criminologo Frank Brown. Prego, si avvicini al plastico”.
“Ecco, questo plastico rappresenta una riproduzione praticamente perfetta del supermercato dove si è svolto l’omicidio. Come possiamo vedere, all’esterno c’erano ampie vie di fuga ed in generale questo non è un luogo molto pattugliato dalla polizia. Ora apriamo il plastico ed esaminiamo attentamente la scena del delitto. Qui c’erano Rick Mason e i suoi genitori, qui la Tigre Bianca. Vediamo Hector Ayala che intima al cassiere di consegnargli i soldi, poi per ragioni imprecisate inizia a sparare all’impazzata. Un proiettile ha sfortunatamente colpito il piccolo Rick: ecco, ve ne mostro la traiettoria. Perfora i suoi polmoni, facendoli collassare e portandolo alla morte”.
“Non diciamo questo per morbosità, ma per informare i cittadini”.
“Certo, non potremmo mai pensare il contrario”.

Treno 2942.

Hector rientra nel treno, che poco dopo incrementa la sua velocità. Deve attirare i criminali allo scoperto, ma come? La risposta, anche se poco gradita, gli arriva subito.
“Capo, ho qui l’elenco delle prenotazioni” dice un criminale “In totale ci sono ventotto passeggeri su questo treno”.
C’è qualche istante di silenzio. “Io però ne conto solo ventisei” dice Gideon Mace.
“Forse avranno rinunciato o sono giunti troppo tardi”.
“Ehi” interviene un altro “Franklin era andato a controllare una cosa, ma non l’ho ancora visto tornare”.
Ecco, ora si comincia. “Allora andate a controllare. E se Franklin si è appisolato come al solito, gettatelo dal treno”.
La Tigre Bianca torna indietro, verso la carrozza dove si trova Peggy Sue. Cerca un qualche nascondiglio ed infine lo trova. Un paio di minuti dopo, senza che alcuna preoccupazione li turbi, arrivano anche i due criminali.
“Questa missione è una merda” commenta uno fermandosi.
“Sì, il capo vuole tanto andare a Los Angeles, ma non ci ha detto il perché. Però ci paga bene e questo mi basta”.
Criminali e pure mercenari, la combinazione peggiore, è il pensiero di Hector. Poi entrano nella cabina in cui si è rifugiato, una cabina immersa nel buio. I due non hanno il tempo di accendere la luce: dall’alto, da dove si posizionano i bagagli, cala la Tigre Bianca. Con un calcio mette ko un criminale, mentre l’altro si appresta a sparargli contro. Non può permettergli di farlo, il rumore sarebbe troppo forte. Gli prende l’arma e gliela strappa, poi con un colpo di taglio al mento lo mette a terra. Gli è subito addosso e con un pugno al volto va anche lui nel mondo dei sogni. “Meno dodici”.
I criminali vengono ammanettati tra loro e le loro armi gettate fuori dal treno. Hector fa per andarsene, ma ad un tratto gli viene un’idea. Un po’ maligna da parte sua ma… Poco dopo l’opera è compiuta. Forse questi due ci penseranno due volte prima di chiamare i propri compagni e farsi vedere nudi.

Più in là.

Peggy Sue trema di paura, è così da molti minuti ormai. Non le piace stare sola, non le è mai piaciuto. Quanto tempo è passato? Probabilmente pochi minuti, ma a lei è sembrata un’eternità. Vorrebbe tanto che Hector tornasse da lei, aveva una stretta così poderosa.
Improvvisamente la porta viene spalancata e, senza che lei possa reagire, un criminale entra e le punta un mitra contro. “Butta via quella pistola, donna” intima “Altrimenti fai una brutta fine”.
Peggy Sue non è una persona in possesso di un coraggio da leone, dunque lascia cadere l’arma: non avrebbe comunque osato sparare.
“Ed ora vieni con…”.
La frase del terrorista gli si smorza in gola quando qualcuno lo colpisce da dietro. Lui crolla al suolo, mentre dietro di lui compare la figura della Tigre Bianca.
“Oh mio dio” esclama la donna.
“Peggy Sue, tranquilla” la rassicura l’eroe ritornando alle sue fattezze consuete “Sono io, Hector”.
Come se un grande peso le fosse stato tolto, Peggy Sue si lancia contro di lui e lo abbraccia forte. Più forte che può, per sentire calore umano. “Non lasciarmi più da sola, ti prego”.
“Va bene. Ora però occupiamoci di questo bel tomo”.
Anche questo criminale viene dunque disarmato ed ammanettato. “Ne sono rimasti altri undici, però non possiamo sperare di abbatterne uno alla volta e farla franca. Bisognerebbe trovare un modo per eliminarne il più possibile”.
“S… Senti, io avrei un’idea” dice Peggy Sue “Però è molto pericolosa… per me”.
“Allora lasciamo perdere, non voglio metterti nei guai”.
“No, voglio farlo. Tu mi dai sicurezza, sì, mi dai sicurezza”.

Ufficio di Eli Wirtham.

Cardiac ha esaminato più volte le terribili scene della rapina al supermercato, nel tentativo di capire qualcosa di importante. Invece gli ha solo ispirato altri dubbi. Non sa spiegarselo, ma sente che c’è qualcosa di strano, qualcosa che non quadra. Deve risolvere questo dilemma ed il modo migliore per farlo è ritornare sul luogo del delitto.

Treno 2942.

Più che le loro armi, fanno paura i loro sguardi. Esprimono odio, rabbia, voglia di uccidere. E sono loro connazionali, cosa che amplifica ancor di più la loro angoscia. Una bambina ha messo la testa nel grembo di sua madre e non vuole più ritirarla, non vuole incontrare di nuovo gli occhi di un criminale che le ha sorriso. Di certo non un sorriso benigno.
Mentre vanno su e giù per la carrozza dove sono tenuti tutti gli ostaggi, improvvisamente la porta si apre ed entra Peggy Sue. “Oh mio dio” esclama lei prima di fuggire.
Questi terroristi sono uomini d’azione, non sono abituati a riflettere troppo. Dunque quando uno di loro dice:”Inseguiamola”, gli altri suoi sei compagni presenti non si pongono troppi interrogativi e partono alla caccia della donna.
Una caccia che si protrae per molti vagoni, sempre alimentata dal fatto che i criminali riescono a vedere in lontananza la donna. Giungono infine nel deposito bagagli e qui si fermano, anche perché è l’ultima carrozza.
“Ok, ragazza” intima un criminale “Vieni fuori e non ti faremo alcun male. Non farlo e saremo molto cattivi”.
Poi appare, quasi dal nulla come una magia. Un lampo bianco che mette ko due terroristi prima che essi si rendano ancora conto di cosa è successo.
“Ehi, ma cosa…” inizia un altro prima di essere steso a sua volta.
Finalmente i quattro rimanenti entrano in azione e cominciano a sparare. Hector Ayala sperava di poterlo evitare, ma erano davvero in troppi e se riesce ad avere la meglio su di loro dopo dovrebbe essere un gioco da ragazzi… se non si considera Gideon Mace. Spera che Peggy Sue, nascosta in fondo dietro un imponente mucchio di bagagli, non venga colpita accidentalmente.
L’agilità della Tigre Bianca è fenomenale ed in pochi secondi i quattro criminali sono tutti a terra.
“Ed ora?” chiede Peggy Sue uscendo dal suo nascondiglio “Li disarmiamo tutti?”.
“No” ribatte Hector “Ho in mente qualcos’altro. Ehi, sei stata molto coraggiosa”.
“Sapevo che mi avresti protetta”.
I due ritornano nel vagone precedente poi la Tigre Bianca trova gli attacchi che collegano le due carrozze e con la sua forza li sgancia senza problemi. Così il deposito bagagli scivola via, fino a fermarsi. Quando i terroristi riprenderanno i sensi, un paio di ore dopo, si ritroveranno circondati da un plotone di agenti di polizia. Non riassaporeranno tanto presto il gusto della libertà.

“Ne rimangono solo quattro” dice Hector “Uno è il loro leader, che spero di non dover ancora incontrare, un altro si trova nella cabina del guidatore, gli ultimi due sono ancora qui da qualche parte. Cerchiamoli”.
I due si incamminano, i sensi della Tigre Bianca sempre all’erta. E sono questi che gli permettono di avvertire il pericolo. “Giù” grida trascinando a terra sé e Peggy Sue, prima che alcuni proiettili passino sopra le loro teste.
Senza perdere tempo l’eroe carica contro il criminale: con un calcio lo disarma, con un altro lo manda contro una parete mettendolo ko.
“Mi sa che stiamo per arrivare alla stretta finale” commenta Peggy Sue. L’eroe annuisce.
I due continuano ad avanzare, i sensi della Tigre Bianca portati al loro massimo. Ora il treno sembra quasi volerli inghiottire ed il vuoto che li circonda sembra non debba avere fine. Ma non è così. Giunti circa a metà del treno, nell’aprire una porta divisoria, trovano un altro terrorista: quello che Hector Ayala non voleva incontrare. Gideon Mace, il leader.
Sembrava quasi li aspettasse, dal momento che è al centro della carrozza, immobile e senza aver alcuna intenzione di attaccare. Ma dallo sguardo la Tigre Bianca capisce che non è affatto così: ora che lo ha scoperto le cose potrebbero davvero precipitare.

CONTINUA...

PROSSIMAMENTE

Resa dei conti con Gideon Mace